La, molta, plastica che si vede nel mare è solo la punta di un iceberg di notevoli dimensioni. Ocorre andare alla loro ricerca in profondità e non limitarsi solo alla superficie delle acque. Muove da queste premesse la spedizione di Greenpeace ‘Difendiamo il mare’, realizzata in collaborazione con i ricercatori delle Università Politecnica delle Marche e di Genova, e del Cnr di Genova. Obiettivo: per monitorare, con nuovi strumenti tecnologici, la presenza di plastiche e microplastiche in Adriatico fino a 30 metri di profondità e negli organismi marini d’interesse commerciale. L’iniziativa, presentata oggi dal rettore della Politecnica Gian Luca Gregori, con il responsabile Greenpeace della campagna Giuseppe Ungherese e le ricercatrici di Univpm Stefania Gorbi e di Ias-Cnr Francesca Garaventa, durerà tre settimane. Dopo aver monitorato le acque del Conero, proseguirà a sud per acquisire dati nelle aree marine protette di Torre del Cerrano, delle Isole Tremiti e di Torre Guaceto, e in quelle più contaminate della foce del fiume Pescara, fino al polo petrolchimico di Brindisi, per concludersi a Bari. Servirà, secondo Ungherese, “a svelare il lato nascosto dell’industria dei combustibili fossili, causa non solo dell’emergenza climatica che danneggia la biodiversità marina, ma anche dell’incremento di plastiche”.

Plastica in mare anche in profondità
Lo dicono Greenpeace l’Università Politecnica delle Marche e di Genova, il Cnr di Genova che hanno preparato una spedizione nel Mare Adriatico e che partirà tra pochi giorni.